mercoledì 4 aprile 2007

Tre storie

English summary: in late February I had three consecutive misadventures. All of them involved alcohol consumption. Coincidence?

First, I took part in a race in a very downhill street. It was not an ordinary race, but one with rules invented by Jörn. We raced riding wheeled litter boxes; nothing nasty happened.

Second, I attempted to steal a plastic chair overnight in some square; the chair guardian woke up and he was not amused. He let me go, though.

Third, I was in a car with some friends on a Friday night, an Italian friend was driving and the police stopped her to perform the alcohol test. Result: she was charged with Driving Under the Influence, she went under trial and I was supposed to witness. Oh the fun!

Vi presento un po' di fattacci, nudi e crudi.

Primo episodio: dopo la mia cena di compleanno, martedì 20 febbraio, cammino in centro con un po' di gente, quand'ecco che il nostro gamemaster Jörn, raffigurato qui a fianco in un momento di sforzo plastico, ha un'idea delle sue.

Prima di proseguire occorre una spiegazione: a Lisbona non esistono cassonetti dell'immondizia normali. Ci sono solo campane per la raccolta differenziata, ma non ci sono i classici cassonetti verdi ed enormi della Sulo. Esistono però mini-cassonetti dotati di ruote (vedi foto), uno per ogni condominio, che vanno diligentemente posizionati per strada la sera affinché gli operatori ecologici li svuotino.

Ebbene, ci troviamo in cima a Rua da Bica do Duarte Belo, meglio conosciuta come la via dell'Elevador da Bica, che poi è una funicolare. La strada in questione, percorsa da rotaie, è dritta e caratterizzata da una pendenza ragguardevole. La proposta di Jörn è semplice: prendere alcuni cassonetti, metterli orizzontali sul pavimento, cavalcarli in squadre da due, e via giù a più non posso a chi arriva prima.

Ovviamente non ci tiriamo indietro. Un'esperienza adrenalinica e divertente; per fortuna non abbiamo destato l'attenzione di nessun abitante né della polizia.

Morale del primo episodio: un brivido e due risate.

Secondo episodio, notte tra il 24 e il 25 febbraio.

Terminata una festa, faccio un pezzo di strada insieme a degli amici italiani; di lì a poco ci saremmo separati per andare nelle rispettive case.
Nightly encounter
Arriviamo a Campo dos Mártires da Pátria, una tranquilla piazza con stagno e parchetto nel mezzo. Il parco è anche dotato di un bar coi tavolini, che chiaramente di notte vengono saldamente legati insieme alle sedie per evitare che qualche poco di buono se ne approfitti.

Gli sgabelli che ho in cucina sono pratici ma non sono il massimo per riposare la schiena dopo che faccio il ruttino, ho sempre pensato. E così, non appena scorgo, tra una paperella e l'altra, un paio di sedie non legate e che sedie, perbacco! quelle di plastica sponsorizzate da marche di birra, tanto comode so già cosa voglio fare. Coadiuvato dagli amici, mi guardo intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno e agguanto una sedia con il sorriso sulle labbra. La mia coscienza non ha detto niente, o forse l'ho zittita.

A questo punto faccio qualcosa di veramente stupido. Invece di salutare gli amici, sparire per i vicoli e andare a casa con il bottino, continuo a parlare a mezza voce con gli altri. Immaginate una piazza deserta con quattro italiani che schiamazzano di notte, di cui uno con una sedia in mano.

Tuttavia, pur ciarlando, facciamo anche qualche metro a passo di lumaca. Ne percorriamo una decina, e d'improvviso sento una voce estranea bofonchiare qualcosa da dietro. Ci guardiamo intorno, non c'è nessuno. Ma ecco che spunta un omino di mezza età alquanto indispettito, che cammina dritto dritto verso di me con fare minaccioso.

In quel momento la cosa più intelligente da fare è per il mio cervello posare la sedia per terra e scappare assumere un'espressione da poveraccio, guardando in basso.

Giovanni: mi scusi.
Guardiano: ma che @#&%$, brutto %&#^%* di un %$^&*%#! Ora ti porto alla stazione di polizia!
Giovanni (con la faccia ancora più da cane bastonato): sono straniero, non capisco.
Guardiano (sollevando la sedia in aria): #$^&%, vediamo se questa sedia in testa la capisci.
Giovanni: mi scusi.
Cameriere: vabbè, vattene via e non farti più vedere.

Morale del secondo episodio: solo uno spavento; quando passo per quella piazza, mi guardo sempre intorno per paura di incappare nel vecchio. (Ma la grande domanda rimane: da dove è sbucato fuori costui? L'ha forse generato l'erba come in alcuni videogiochi?)

Terzo episodio, 24 ore dopo il secondo.

Con amici che non vedevo da tempo vado a una festa a Belém, estremo ovest di Lisbona. La festa è abbastanza un pacco tutti italiani e tutti fichetti, così a un certo punto della serata io e gli altri, cioè due italiane un italiano e una spagnola, ce ne andiamo. In macchina, cosa rara per me.

La macchina è dell'amico italiano, che chiameremo Giorgio. Giorgio ha guidato all'andata ma stavolta, al ritorno, guida "Beatrice".

Facciamo qualche chilometro di lungotago in tranquillità, fiancheggiamo le Docas de Alcântara e Santos, due zone con molte discoteche. Ancora un po' di strada e zàcchete!incontriamo un posto di blocco della polizia. Essendo venerdì notte c'è un gran daffare: tante macchine in fila, tanti ubriachi al volante che vengono arrestati. Toccherà la stessa sorte anche a noi?

Fanno il palloncino elettronico a Beatrice e questo segna un valore di alcool molto più alto dello 0,50 per mille consentito. La portano via a fare controlli più approfonditi, mentre noi restiamo ammutoliti per un tempo che ci sembra non finire mai.

Per ironia della sorte, "Eleonora", l'altra italiana, non aveva proprio bevuto. Anche Giorgio aveva bevuto abbastanza poco, infatti fa il palloncino per curiosità e risulta 0,36: perfettamente in grado di guidare.

Comunque siamo tutti nervosi e cerchiamo di calmarci a vicenda, promettiamo di stare vicini a Beatrice nonché di aiutarla economicamente nel caso di una probabile multa salata. Qualcuno racconta barzellette per buttarla a ridere, io vado a comprare un po' di crocchette di baccalà.

Dopo quaranta lunghissimi minuti torna Beatrice. Paradossalmente è lei a dover tranquillizzare noi, come quando si parla con un amico che ha avuto un lutto, e questi consola te invece che il contrario. Vi è mai capitato?

Beatrice riferisce: tre giorni dopo ci sarà il processo; rischia il ritiro della patente per tot mesi e anche una multa intorno ai €500. (Da notare che il salario minimo in Portogallo è di €403.)

Insomma, alla fine il processo viene rinviato di quasi un mese per fornire un interprete a Beatrice. Nel frattempo ci si organizza con un avvocato giovane e in gamba. A dialogare con lui sono Beatrice e un paio di testimoni: Eleonora e il sottoscritto.

CourtIl 21 marzo, di buon'ora, abbiamo appuntamento per andare al tribunale. Si trova nell'elegante zona di São Sebastião, vicino al museo Gulbenkian.

All'ingresso c'è un metal detector. Nella giacca mi trovano nell'ordine: macchina fotografica, piletta elettrica per rivelare gli euro falsi (vinta a Ciampino facendo un sondaggio con Cristina. Ciao Cristina!), scatolina di metallo dove tengo i peperoncini.

Finalmente entro e insieme a Beatrice, Eleonora, l'avvocato e l'interprete andiamo in un'enorme sala d'attesa, in compagnia di tanti altri poveracci che aspettavano la propria udienza. Il più onesto degli astanti ha la faccia di Cesare Previti.

Ci sediamo. L'interprete portoghese dai folti capelli bianchi, un personaggio che ho conosciuto con molto piacere e che ha un sacco di storie alle spalle, prende le nostre generalità poi tenta di far sorridere Beatrice dicendo testualmente: "voi siete una dama magnifica, perché siete nata in aprile". Parla un italiano splendido ma un tantino fuori moda.

La squallida sala d'attesa sembra quella di un ospedale. Ogni tanto arriva un'impiegata con la toga e fa l'appello.

L'udienza vera e propria dura pochissimo: il tempo per alcune domande all'imputata Beatrice e alla prima teste Eleonora. Alla fine io non vengo neanche chiamato perché la giudice e l'avvocato erano soddisfatti così. Forse non vengo chiamato perché la notte del fattaccio avevo bevuto? "Purtroppo noi non lo sapremo mai..."

Comunque la strategia difensiva era la seguente: all'uscita dalla festa, pur essendoci tra noi cinque almeno due persone che legalmente potevano guidare, non abbiamo proprio pensato che Beatrice fosse poco idonea né particolarmente bêbada. Ha guidato e basta.

Dopo una settimana l'atteso verdetto. Niente multa stratosferica, niente lavori forzati. Completamente assolta! Come abbiamo festeggiato? Ma andando a bere shot, si capisce. Però senza automobili!

Morale del terzo episodio: non scherzare con la legge. In tribunale io mi sentivo un groppo in gola ed ero solo un testimone, figuriamoci cosa si prova a essere sotto processo. Magari per il nervosismo uno poi risponde male all'autorità e questo peggiora la sua situazione, solo per ingiusti motivi psicologici! Non ci voglio neanche pensare.

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